L’acqua di rubinetto è spesso oggetto di controversie: c’è chi sostiene che non sia sicura da bere perché inquinata e potenzialmente nociva per la salute, c’è chi invece la beve con tranquillità e la preferisce all’acqua minerale in bottiglia.
La verità è che l’acqua del rubinetto è sicura come quella in bottiglia in quanto sono garantiti i criteri di sicurezza dell’acqua potabile. Per essere definita tale l’acqua destinata al consumo umano deve essere bevuta tranquillamente senza che vi siano rischi per la salute.
Le acque potabili destinate al consumo umano vengono disciplinate dalla direttiva europea 98/83 del 3 novembre 1998 e dal Decreto legislativo n. 31 del 2 febbraio 2001, e comprendono, per definizione, tutte quelle acque, trattate o non trattate, che vengono impiegate per la preparazione di cibi e bevande e per altri usi domestici e che vengono fornite mediante cisterne, bottiglie, contenitori o rete di distribuzione. La Direttiva Europea 98/83/CE e il D.Lgs. 31/2001, stabiliscono una serie di parametri di conformità che l’acqua deve avere per essere definita potabile.
I parametri analizzati sono essenzialmente quattro: microbiologici, chimici, indicatori ed emergenti. Il percorso che l’acqua di rubinetto segue prima di arrivare nelle nostre case è il seguente:
- Il punto di partenza sono le falde acquifere sotterranee, i laghi, o i bacini idrici che raccolgono l’acqua piovana.
- Prima di essere immessa nella rete idrica che la distribuirà alla popolazione, l’acqua viene potabilizzata secondo criteri ben stabiliti per legge. Passa quindi attraverso impianti che la filtrano, rimuovendo metalli, sostanze tossiche e microrganismi.
- Una volta potabilizzata l’acqua viene analizzata ed immessa nella rete idrica. Le analisi vengono compiute per ogni ramificazione che c’è nell’acquedotto. Le analisi vengono realizzate sia dal gestore della rete idrica sia dalla ASL. Per rispondere ai criteri di potabilità l’acqua di rubinetto viene sottoposta ad approfondite analisi che ne accertano la non contaminazione da parte di microrganismi, corpi estranei, metalli pesanti e sostanze tossiche e nocive.
Questo percorso determina talvolta un’alterazione nel sapore dell’acqua a causa delle diverse concentrazioni di minerali che possono essere presenti (la sua composizione salina varia in base alle caratteristiche del terreno o della falda da cui proviene l’acqua, il calcare invece è presente allo stesso modo dell’acqua in bottiglia) e a causa della presenza di cloro che, sebbene sia presente in quantità tali da garantire una efficace disinfezione dell’acqua, non ha una concentrazione nociva per la salute umana.
Diverso è il discorso per quanto riguarda l’acqua in bottiglia, questa infatti viene analizzata scrupolosamente, ed è sottoposta a rigidi controlli di qualità. Tuttavia l’acqua imbottigliata nelle bottiglie di PET o di plastica risente moltissimo della catena di conservazione. Cerchiamo di capire meglio. L’acqua che viene imbottigliata ha una data di scadenza definita dalla sigla TMC che sta per Termine Minimo di Conservazione dell’acqua, ed ha un tempo variabile tra i 12 e i 24 mesi. Questo significa che l’acqua contenuta nella bottiglia può rimanere uno o due anni a contatto con la plastica o il PET. Tali recipienti però se esposti a fonti di calore (pensiamo ad esempio ai pallet di acqua tenuti fuori dai supermercati sotto il sole o nei camion di trasporto non frigoriferi) possono rilasciare sostanze che si producono a partire dalla degradazione del PET quali acetaldeide e antimonio, che risultano tossiche per il nostro organismo.
Altra problematica riguarda inoltre la possibile presenza di microplastiche all’interno dell’acqua imbottigliata nelle bottiglie di plastica. Parleremo in dettaglio di questa problematica nel prossimo articolo.
Dott.ssa Margherita Mazzola
Biologa
Bibliografia
- http://www.salute.gov.it
- http://www.bimvda.it/bimvda/bim/File/Normativa%20SII/Dir-2098.83.CE.pdf
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