Negli articoli precedenti abbiamo detto che le acque del rubinetto sono disciplinate dalla direttiva europea 98/83 del 3 novembre 1998 e dal Decreto legislativo n. 31 del 2 febbraio 2001 che stabiliscono rigidi parametri per garantire la potabilità dell’acqua.
I parametri sono i seguenti:
- parametri organolettici;
- parametri chimici e chimico-fisici in relazione con le caratteristiche naturali delle acque;
- parametri chimici indesiderabili;
- parametri chimici tossici;
- parametri microbiologici;
- parametri aggiuntivi (es. trattamenti di addolcimento).
La potabilità dell’acqua quindi è rigidamente controllata. Nonostante questo in essa possono essere presenti delle sostanze ritenute “tollerabili” in determinate quantità (quantità definite come concentrazioni massime ammissibili (CMA)), come ad esempio:
- Nitrati: CMA = 50 mg/L
- Arsenico: CMA = 50 µg/L
- Fluoro: CMA = 1,5 mg/L
- Piombo: CMA = 50 µg/L
Inoltre l’acqua del rubinetto subisce dei trattamenti prima di arrivare sulle nostre tavole, trattamenti che servono a garantirne la sicurezza e la potabilità ma che determinano anche alterazioni del gusto e possibile presenza di sostanze indesiderate (ritenute non dannose ma comunque presenti). Uno dei trattamenti maggiormente utilizzato è quello della clorazione, ovvero l’aggiunta di cloro all’acqua al fine di garantirne una elevata disinfezione. Il cloro di per sé già determina un sapore dell’acqua non proprio gradevole, ma determina anche altri problemi ben più grandi, in base alla modalità di disinfezione utilizzata. Se si utilizza ipoclorito ad esempio si avrà la formazione di sottoprodotti quali i trialometani, composti cancerogeni per l’uomo, se si utilizza invece il diossido di cloro si avrà la presenza dello ione clorito come sottoprodotto. A differenza dei trialometani la normativa europea non prende in considerazione la presenza di ione clorito. Inoltre il DPR 236/1988 non stabilisce una concentrazione massima ammissibile di cloro ma solo un valore minimo, fissato a 0,2 mg/L di cloro residuo.
Un altro problema delle acque di rubinetto è la presenza di metalli pesanti quali ad esempio il piombo. Per quanto riguarda il piombo il valore massimo stabilito è di 10 µg/L ma tale valore può essere ampiamente superato a causa del percorso che fa l’acqua prima di arrivare a noi. Rubinetterie, serbatoi, e così via possono essere realizzati con leghe contenenti piombo che spesso cedono ioni piombo all’acqua che le attraversa.
A queste problematiche si aggiunge il problema della contaminazione delle falde acquifere a opera di pesticidi, nitrati, composti clorurati, ferro e manganese. Sebbene le acque vengano trattate per la rimozione di tali sostanze, è sempre bene ricordare che le sostanze non vengono del tutto eliminate ma portate soltanto a limiti di rischio accettabili che, nello specifico, sono:
- 45 mg/L per i nitrati;
- 0,1 µg/L per i pesticidi presi singolarmente e 0,5 µg/L per la somma totale dei pesticidi;
- 30 µg/L per i solventi clorurati;
- 0,2 mg/L per il ferro
- 0,05 mg/L per il manganese
Appare evidente quindi come le acque risultino sempre contenenti sostanze potenzialmente dannose per la nostra salute, specialmente a lungo termine. Pertanto è consigliabile utilizzare delle acque di rubinetto trattate con appositi dispositivi, chiamati affinatori d’acqua, di cui parleremo in dettaglio nel prossimo articolo.
Dott.ssa Margherita Mazzola
Biologa
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